Il gatto o gatto domestico (Felis silvestris catus) è un mammifero carnivoro di piccola taglia della famiglia dei felidi (genere Felis). Venne introdotto in Europa dall'antico Egitto dove era considerato un animale sacro; in alcuni casi veniva mummificato e messo sui sarcofagi delle famiglie più ricche.
Si può trovare allo stato selvatico (ne esistono ancora diverse specie), ma prevalentemente vive nell'ambito domestico. La sua temperatura corporea oscilla fra i 38° e i 38,5°C; la frequenza respiratoria normale è di 10/20 respiri al minuto e quella cardiaca di 110/140 battiti al minuto.
Il gatto è dotato di un'eccellente vista grazie alla quale può vedere in condizione di scarsissima luminosità; percepisce la profondità e l'estensione delle cose per merito della sua visione binoculare, mentre di giorno la sua vista perde alcune potenzialità. Ha una forte percezione del movimento, ma non distingue bene i dettagli; inoltre si ritiene che distingua una parte dei colori, anche se non riesce ad individuare il colore dei dettagli minuti, come la maggior parte dei mammiferi.
Il suo udito è molto sensibile: infatti riesce a captare rumori molto diversi e distanti (anche alcune fasce di ultrasuoni) distintamente sia con un orecchio che con l'altro; al contrario, percepisce male i toni bassi.
Anche l'olfatto del gatto è altamente sviluppato: riesce a sentire l'odore della femmina a centinaia di metri di distanza.
Ha un senso del gusto molto sviluppato grazie al quale può percepire una minima variazione nel sapore dell'acqua. Poco valutabili dal gatto sono i sapori dolci[citazione necessaria]. La sua lingua è coperta da piccole papille che la rendono molto ruvida, e gli permettono di snodare il pelo durante la sua tolettatura (salvo casi particolari, i gatti si "lavano" ogni giorno) e di raschiare la carne dalle ossa. I baffi di questo felino sono chiamati vibrisse, molto importanti per la sua stabilità e per percepire gli ostacoli; è anche grazie ad esse che riesce ad orientarsi nel buio più assoluto. Un altro utilizzo delle vibrisse è quello di riuscire a percepire le dimensioni dei piccoli spazi.
Il vasto territorio del gatto (almeno un chilometro di raggio dalla sua sede stabile per i maschi, almeno 200 metri per le femmine) comprende tutta quella parte di mondo che abbia conosciuto a seguito di esplorazione. A seconda delle inclinazioni caratteriali, può esprimere maggiore o minore vocazione all'esplorazione, ma una volta conosciuta una data porzione di territorio, la marca con i suoi odori e la apprende come irrinunciabilmente sua; le stesse stanze di un appartamento, una volta che gli siano note, divengono suo territorio al quale si riserva di riaccedere a piacimento, per questo irritandosi dinanzi alla famosa "porta chiusa" (che con l'interessata osservazione può imparare ad aprire saltando sulla maniglia o tirando con le unghie il bordo dell'anta, se la porta lo permette).
La memoria del territorio è costruita solo additivamente, nel senso che apprende di quanto venga "aggiunto" al territorio, ma non di quanto ne venga sottratto (anche da sé medesimo): la scoperta della tana di un topo, ad esempio, porterà il gatto a passare sempre a controllarla nonostante egli stesso abbia catturato il topo, e sappia quindi che è abbandonata, e malgrado non ve ne tornino altri. L'istinto territoriale, si è congetturato, dovrebbe avere relazione con esigenze istintuali di conservazione della specie, riscontrandosene un'accentuata riduzione a seguito di sterilizzazione.
La leggenda dell'origine
I gatti sono comparsi la prima volta accanto all'uomo quando questi incominciò a coltivare il grano ed ebbe la necessità di difendere le proprie scorte di frumento dai ratti e dai topi. Le raffigurazioni di gatti, che fino ad oggi sono ritenute le più antiche, provengono da Hacilar in Anatolia (6000 a.C.). Solo di poco più recente è una rappresentazione proveniente da Gerico (5000 a.C.) che raffigura alcune donne intente a giocare con dei gatti. Intorno al 3000 a.C. ebbe inizio la nostra vera, rapida carriera, la nostra ascesa agli onori divini. I sacerdoti della dea Bastet dalla testa di leone avevano non pochi problemi con gli animali sacri alla loro divinità: infatti i leoni erano assolutamente inadatti ad essere addomesticati.
Una leggenda dell'antico Oriente, narra che allora il leone starnutì e, dalle sue narici saltò fuori un piccolo gatto. I primi geroglifici in cui compaiono le parole "Gatto - Mint" e "Gatta - Miu" sono databili alla V e VI dinastia (intorno al 2300 a.C.). Già all'inizio del Medio Regno i miei antenati erano considerati animali sacri. Ra, il dio del Sole, era venerato sotto sembianze feline e la dea Bastet fu promossa al rango di vera e propria divinità-gatto. Il culto del gatto conobbe il suo momento di maggior fulgore durante la XII e la XIII dinastia (intorno al 1800 a.C.). Gli egiziani che visitavano il tempio di Bastet portavano come offerta oggetti di devozione sotto forma di piccole figure di gatto in ceramica o bronzo, inoltre seppellivano i corpi imbalsamati di noi amatissimi gatti defunti. Questi felini giacevano all'interno di piccoli sarcofaghi decorati e corredati di giochi e di cibo per il lungo viaggio nell'aldilà. In segno di cordoglio le persone in lutto si rasavano le sopracciglia. Eravano curati dai sacerdoti del tempio e per questi era severissima la punizione nel caso fossero accusati di negligenza nei confronti dei gatti sacri. Per un Egiziano facoltoso possedere un gatto era una sorta di Status symbol.